domenica 23 ottobre 2011

Bianca, una vita spezzata

Bianca aveva vent'anni ed era bellissima. Bionda, occhi chiari, fisico da fare invidia ad un'indossatrice. Studiava in Toscana, lontano da casa, per realizzare quei sogni meravigliosi che tutti abbiamo fatto a vent'anni.

L'ho conosciuta in terapia intensiva, una notte in cui mi sono recata da lei in urgenza per una plasmaferesi. Il suo fegato aveva smesso di funzionare in seguito ad una epatite fulminante, ed era in attesa di un trapianto in superemergenza nazionale, situazione che si crea quando il paziente è in serio pericolo di morte e non si può aspettare che in zona ci sia un donatore compatibile, per cui l'emergenza si estende a tutta la nazione ed il primo organo disponibile, anche controgruppo se necessario, viene trapiantato al paziente. Nel frattempo, per mantenerlo in vita, si sostituisce grazie alla plasmaferesi, procedura in circolazione extracorporea, qualche litro di plasma del paziente con altrettanti  litri di plasma da donatore sano.... e questo due volte al giorno finché il trapianto non risolve la situazione, per compensare al mancato funzionamento del fegato.
Lei mi ha colpito per la giovane età, era poco più grande della mia figliola maggiore. Per la bellezza, malgrado le condizioni ben poco favorevoli. Per la determinazione e l'ottimismo, pur cosciente di quel che le stava succedendo. E come altre persone incontrate in questo lungo difficile cammino di infermiera, oggi occupa un posto speciale nel mio cuore.
Mi osservava con attenzione mentre preparavo la macchina, volle sapere tutto quello che stavo facendo e perché, spinta da una curiosità colma di speranza. Sapeva che la sua vita era appesa ad un filo ma non aveva niente di quella paura che spesso spinge i pazienti a chiudere gli occhi e rinchiudersi in un mondo tutto loro. Lei aveva gli occhi spalancati sul mondo, e quella notte su di me. Mentre la macchina lavorava, parlammo per ore. Mi raccontò tutto di sé. I suoi sogni, la sua vita. Soprattutto quel suo desiderio di diventare una brava giornalista, ed il piacere che ricavava dal raccontare storie ascoltate da altri.  E all'improvviso, trovandomi del tutto impreparata, mi chiese: "Raccontami una storia. Quando guarirò, la scriverò per te, in ricordo di questa notte e per ringraziare un'infermiera dolcissima". Mi venne un groppo in gola e cercai di glissare: "Non è così speciale la mia vita, non da scriverci una storia"... e lei mi rispose "lo è di sicuro, perché tu sei una persona speciale".
Allora iniziai a parlare. Mentre il suo sangue scorreva nella macchina che si sostituiva momentaneamente al suo fegato, le raccontai un episodio della mia vita che poche persone conoscono.  A lei, una perfetta sconosciuta, raccontai una cosa profondamente mia. Lei mi stringeva la mano e non staccava gli occhi da me. Quando la procedura finì avevamo tutt'è due gli occhi lucidi, e benché fossi molto stanca mi dispiacque salutarla. Ci vediamo presto, Bianca... mi raccomando sii serena. Le diedi un bacio sulla fronte, lei mi ringraziò e  finalmente chiuse gli occhi lasciandosi andare al sonno.
Nei due giorni successivi, a turno i miei colleghi si recarono da lei portandomi notizie sempre peggiori. Da uno stato soporoso entrò in coma nel giro di due giorni. Quella ragazza coraggiosa non riusciva più a difendersi dagli attacchi di quel maledetto mostro. Quando entravo o uscivo dall'ospedale, guardavo le finestre della terapia intensiva e pensavo tieni duro Bianca, ce la devi fare. Poi la buona notizia: un organo disponibile, la portano in sala operatoria tra poco.
Ma il suo destino non era in sala, dove non arrivò mai: un arresto cardiocircolatorio mise fine ai suoi sogni, ad un passo dalla probabile salvezza.

Bianca rimarrà sempre in un angolo del mio cuore, tra le troppe vite spezzate che ho incontrato sulla mia strada di infermiera. Ho sofferto per molti di loro, ma spesso sono riuscita ad usare la mia competenza e la mia professionalità per non farmi coinvolgere, per difendermi dal dolore. Per Bianca, come per Alessandro, come per troppi altri giovani e meno giovani, non sono riuscita a non piangere, ed il tempo non ha cancellato il loro ricordo e quel dolore.

Di Bianca credo di aver parlato solo a mio marito, al momento in cui la conobbi. So bene perché solo oggi, dopo almeno tre anni, ho deciso di parlarne qui, per chi vorrà leggere e pensare, come sto facendo io, a quanto fragile e preziosa è la nostra vita, a quanto amore certe madri non possono più dare, a quanti figli se ne vanno lasciando un vuoto incolmabile, un dolore infinito. E di nuovo come tante volte penso: abbracciamoli forte i nostri figli, facciamo pace con loro se ci abbiamo litigato, non lasciamo che stupidi battibecchi ci portino a dire cose che non pensiamo davvero, diamo loro senza vergognarci quei gesti per i quali forse protesteranno, ma che raccontano loro del nostro amore... diciamo loro quanto sono fortunati perché sono sani, e quanto siamo fortunati noi che li abbiamo vicini. Facciamolo per ogni madre che non ha potuto trattenere suo figlio a sé.




La speranza è un essere piumato che si posa sull’anima,
canta melodie senza parole e non finisce mai.
La brezza ne diffonde l’armonia,
e solo una tempesta violentissima
potrebbe sconcertare l’uccellino
che ha consolato tanti.
L’ho ascoltato nella terra più fredda
e sui più strani mari.
Eppure neanche nella necessità
ha chiesto mai una briciola – a me.

Emily Dickinson

martedì 4 ottobre 2011

Addio ragazza coraggiosa

Anna staccato Lisa non ce l'ha fatta.

Avevo messo il suo blog tra i preferiti e lo leggevo col cuore stretto, addolorata e nello stesso tempo ammirata dal suo coraggio, dalla sua forza, dalla sua ironia, dal suo grande amore per la vita.
Ha lottato fino all'ultimo, senza quasi mai dimenticare di sorridere, di guardare avanti, e scrivendo con il suo solito entusiasmo, appena nove giorni fa, il 25 settembre, della sua intervista a Studio Aperto. E' stato il suo ultimo post.

Era stanca di soffrire, e certo avrebbe voluto che quella incredibile notorietà non fosse arrivata dal suo modo così unico, così incredibile di affrontare la malattia. Ma forse quella stessa notorietà, che ha fatto sì che il suo matrimonio fosse ripreso come un evento straordinario, l'ha aiutata ad affrontare quel momento a cui nessuno di noi è mai veramente preparato, quel momento in cui si è completamente soli, quel momento in cui si abbandona la vita terrena e forse, voglio cercare di crederci ancora, se ne inizia una migliore, dove la sofferenza non è più di casa.



Incollo qui uno dei suoi tanti post, non il più commovente perché lo sono tutti, diciamo uno di quelli in cui traspare in modo particolare quel suo spirito semplicemente unico:


10 agosto 2011

La notte delle stelle cadenti




L'elastomero ed io non siamo molto amici.
Io cerco di essere carina con lui: gli ho messo un bel vestitino di tulle bianco e l'ho attaccato al pigiama con una spilla fatta a fiore (ne ho una blu, una bianca e una rosa... in modo da poterla abbinare ai pigiami...!!!). Lo controllo spesso, ci parlo, ma evidentemente non gli basta perché: - si ferma e non rilascia più morfina; - oppure va a tutta birra e mi fa fare dosi doppie di morfina con il conseguente stordimento che ne deriva. Ecco perché in questi giorni non son stata benissimo: o avevo dolori pazzeschi, o avevo una gran sonnolenza, un gran stordimento e mi ritrovavo a dormire per ore oppure  a dire cose senza senso. Il respiro invece va meglio: ieri mattina ho fatto una passeggiatina con "Qualcuno" da camera mia fino al salottino dove c’è la macchina del caffè. Ah, senza ossigeno, s’intende. Ed è stato emozionante. Stanotte, invece, ho avuto i miei soliti dolori pazzeschi, mentre oggi ho dormito praticamente tutto il giorno. E vabbuò. Elastomero e morfina a parte, le notizie degne di nota sono due: 1)      il mio soggiorno sarà più lungo del previsto. Pensavo/speravo di poter tornare a casa a breve, ma mi sbagliavo di grosso. La faccenda è seria, è grave e non posso continuare a far finta di niente. Ho fatto una chiacchierata importante e chiarificatrice col primario e ho capito che finché la malattia non migliora io rimango qui. E questo può voler dire un mese, due mesi, tre mesi, chissà. Potrei rimanere qui veramente per molto tempo, ma soprattutto devo ANCHE cominciare a pensare che potrei non migliorare (visto che in tre anni di malattia non è mai successo) e quindi potrei finire i miei giorni qua dentro. Con questo non sto dicendo che sto morendo. Non sto nemmeno dicendo che sto peggiorando. Sto solamente dicendo che devo vivere alla giornata e prendere in considerazione tutte le ipotesi: la malattia migliora, la malattia si stabilizza, la malattia peggiora. Devo cominciare a pensare con lucidità alla possibilità di morire e di farlo qui. Così come devo pensare alla possibilità di migliorare e di poter riprendere la mia vita fuori da qua. Nessuno può sapere come starò fra un mese; non lo so io, non lo sanno i medici, lo sa solo Dio. Ma io devo essere preparata a tutto. E credetemi: non è facile. Ho sempre pensato di (chiedo scusa per il gioco di parole) non dover pensare alla morte, di arrivarci naturalmente, a settant’anni, ottanta, novanta… E non mi son mai posta troppe domande, la vedevo come una cosa naturale. Pensare, invece, di morire a 33 anni, in un Hospice e completamente lucida, in testa, con tante cose ancora da fare… beh, credetemi che fa un po’ male. E non fa male solo a me stessa. 2)      in maniera del tutto inaspettata, romantica e commovente… “Qualcuno” mi ha chiesto di sposarlo. Sì sì, proprio così: ho ricevuto una proposta di matrimonio in perfetta regola! Ed è stata una proposta di matrimonio così dolce, così vera, così piena d’amore, che neanche nei miei sogni  di bambina avrei potuto immaginarla. Ovvio che gli ho detto di sì. Ovvio che ho pianto fino a singhiozzare. Ovvio che ho cercato di imprimere nella mia testa e nel mio cuore quel momento per non dimenticarlo mai. Ovvio che allo stesso tempo sono passati dalla mia testolina mille pensieri contrastanti fra loro. Ovvio che lo amo e che lui ama me. Ovvio che mi ha reso felice. Ovvio che ho un po’ paura… Vorrei regalargli un matrimonio normale, ma, per l’appunto, non so se sarà possibile. E allora quando ci sposiamo? BOOOHHH!!! Non lo sappiamo. E non sappiamo nemmeno dove: in Chiesa, come sogno io da sempre, o qui in reparto, visto che è possibile farlo. Ci sposiamo a breve o rimandiamo a più avanti con la speranza di uscire da qui? Boh, ci penserò. E penserò alla mia vita, penserò alla malattia, penserò alla morte, penserò all’amore, penserò al matrimonio, penserò alla mia nuova casa, penserò al futuro. E proverò a vivere alla giornata, ancora di più rispetto a come ho sempre fatto. E non importa se stasera non posso esprimere nessun desiderio: Lassù lo sanno quello che vorrei. Col tempo vedremo e capiremo se sono desideri che si realizzeranno oppure no.






Ciao Anna staccato Lisa..... trasmetti, se puoi, quel tuo meraviglioso coraggio a chi ne ha bisogno adesso.

domenica 2 ottobre 2011

Leggendo su facebook...

Oggi su fb sono incappata in una poesia pubblicata da un collega, che la attribuiva ad un capo indiano.... incuriosita dal testo molto bello ma a mio parere non in tono con le pur belle cose scritte o tramandate dagli indiani d'America, ho fatto una ricerca su internet per scoprire che quella persona di nome Oriah Mountain Dreamer è in realtà una scrittrice canadese, che dice di avere tra gli antenati, sicuramente, qualche indiano ma che ad un capo indiano non somiglia per niente :)
Indipendentemente da questa ennesima bufala (internet pullula di questi errori), la poesia mi è veramente piaciuta moltissimo.... e visto che in questo periodo l'ispirazione di scrivere cose mie manca totalmente (potrei, ma scriverei solo note tristissime), regalo ai miei pochi ma preziosi lettori queste parole che mi hanno commossa, pensando di far loro cosa gradita. Ho trovato varie versioni, traduzioni forse personalizzate, ma il senso rimane questo.





L’Invito
(Oriah Mountain Dreamer)

Non mi interessa cosa fai per vivere.
Voglio sapere cosa desideri davvero,
e se sogni di realizzare ciò che il tuo cuore brama.

Non mi interessa quanti anni hai.
Voglio sapere se avrai il coraggio di rischiare di essere giudicato ridicolo per amore,
per il tuo sogno,
per l’avventura di essere vivo.

Non mi interessa quali pianeti siano in quadratura con la tua luna.
Voglio sapere se sei arrivato al nucleo della tua sofferenza fino a toccarla,
se i sentimenti della vita ti hanno fatto sbocciare
oppure inaridito e chiuso in te stesso per paura di altro dolore.
Voglio sapere se riesci a restare in compagnia del dolore,
il mio e il tuo,
senza cercare di nasconderlo,
cancellarlo o di farlo tacere.
Voglio sapere se sopporti la gioia,
mia o tua,
se puoi danzare selvaggiamente
e lasciare che l’estasi pervada ogni tua cellula
senza raccomandarti di essere prudente,
realistico e di ricordare i limiti della condizione umana.

Non mi interessa se la storia che mi stai raccontando è vera.
Voglio sapere se riesci a deludere qualcuno
per mantenerti fedele a te stesso;
se sai sopportare l’accusa di tradimento e non tradire la tua anima,
se riesci ad essere infedele e per questo affidabile.

Voglio sapere se sai vedere la bellezza,
anche quando non è piacevole,
ogni giorno,
e se riesci a trovare la sorgente della tua vita dalla mia presenza.

Voglio sapere se sai accettare i fallimenti,
tuoi o miei,
e restare ancora sulla riva di un lago e urlare:
“SI” all’argento della luna piena.

Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi hai,
voglio sapere se sai alzarti,
dopo una notte di travaglio e disperazione,
stanco e ammaccato fino all’osso,
e fare il tuo dovere per sfamare i tuoi figli.

Non mi interessa sapere chi conosci o come sei giunto fino a qui.
Voglio sapere se resterai al centro del mirino
insieme a me senza tirarti indietro.

Non mi interessa sapere dove o che cosa o con chi hai studiato.
Voglio sapere che cosa ti sostiene quando tutto il mondo crolla.

Voglio sapere se sai stare solo con te stesso,
e se davvero ti piace quel senso di compagnia
che riesci a conservare nei momenti vuoti.




L'ho letta alla tristezza che ho nel cuore.... e lei ha sorriso.